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      Mentre questo triste pensiero mi rompeva il petto a sconsolati singhiozzi, ella si tolse dalla spalla dell'Aquilina su cui s'era appoggiata, e la vidi uscir barcollone dalla camera. Io pregai allora quanti lí erano che mi lasciassero quieto in compagnia del dolore perché la soverchia commozione mi imponeva qualche riposo. Partiti che furono mi ripigliò piú tremenda che mai quella convulsione di pianto, e Lucilio non vide altro di meglio che aspettare un po' di tregua dalla stanchezza. Quando poi le lagrime e il singulto concessero un varco alla voce, quali parole quali preghiere quali promesse non adoperai io perché mi salvasse una vita a mille doppi piú preziosa della mia! Lo supplicai come i devoti supplicano Iddio; tanto avea bisogno di sperare che avrei rinnegato la ragione, e stravolto l'ordine del mondo per conservare una qualche lusinga. Una pietosa astuzia della speranza mi persuase che ben potea rendere la salute e la vita alla Pisana quello che in me avea racceso la fiaccola della luce!...
      - Oh sí! Lucilio! - sclamai - voi potete tutto purché lo vogliate. Fin da piccino io vi riguardava come un essere sovrannaturale e quasi onnipotente. La vostra volontà comanda alla natura sforzi incredibili. Cercate, studiate, tentate: mai causa piú giusta, mai impresa piú alta e generosa meritò i prodigi della vostra scienza. Salvatela, per carità, salvatela!...
      - Avete dunque indovinato tutto; - rispose Lucilio dopo un momento di pausa - l'anima sua non è piú tra noi; il corpo vive, ma non so nemmeno io il perché. Salvatela, voi mi dite, salvatela!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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