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      Piansi allora di bel nuovo, ma le lagrime scorrevano tranquille giù per le guance, e non precipitai piú disperato e violento ma mi sollevai lieve e rassegnato all'aspettazione della morte.
      Dopo circa un'ora, durante la quale bene avvisarono di lasciarmi solo, tornò Lucilio a significarmi che la Pisana era stata colta da un improvviso sfinimento, ma che riavutasi col bere un cordiale, s'era allora allora acquetata in un dolcissimo sonno. Raccomandava la lasciassimo in pace e che la natura operasse sola perché non vi sono ristori piú potenti de' suoi. Egli sarebbe venuto prima di sera a vedere se potesse aiutare coi soccorsi dell'arte i miglioramenti ottenuti da quelle ore di riposo. Successe infatti la tregua di alcuni giorni, né la gioconda serenità della Pisana fu smentita mai un istante.
      Quand'ella poteva avermi vicino a sé e farmi sommessamente ripetere che avrei mantenuto le mie promesse, un sorriso celestiale irradiava le sue sembianze; non l'aveva mai veduta cosí contenta neppur negli istanti delle maggiori beatitudini. Cosí vidi illanguidirsi a poco a poco in una calma ilare e serena quell'anima di fiamma che avea sempre vissuto in una sí fiera tempesta di passioni; vidi la sua parte piú pura sorgere a galla, e risplendere d'una luce sempre piú tersa e tranquilla, e scomparire affatto que' profani sentimenti che l'avevano per qualche istante appannata: vidi quanto aveva potuto un affetto solo, ma pieno e costante contro un'indole bizzarra e tumultuosa, contro un'educazione falsa e pervertitrice: vidi tacere affatto le passioni al volo rapido e lieve che spiccava lo spirito, e la morte avvicinarsi bella amica sorridente al bacio del pari sorridente delle sue labbra.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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