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      I poeti sono come le rondini che volentieri fabbricano il loro nido fra le rovine. Quell'accostarsi di Luciano alla generosa disperazione del sublime misantropo non mi garbava gran fatto; temeva che ne nascesse qualche somiglianza di passioni, che cioè la grandezza e la nobiltà dell'impresa fosse il minor incentivo a tentarla, e che in lui potesse l'ambizione come il fastidio dei piaceri nel torbido lord. Luciano era assai giovinetto, facile perciò a rimaner abbagliato da quell'apparenze di sublimità mefistofelica che in fin dei conti non servono ad altro che a nascondere un'assoluta impotenza di comprendere la vita e di raggiungerne lo scopo. Bensí era impossibile che cosí fanciullo agognasse sinceramente questa sterile filosofia del disprezzo, e se ne imitava il corifeo, non poteva essere che per vaghezza di rendersi singolare e di risplendere della luce altrui. Or dunque temeva e non a torto, che, messo alla prova, la sua risolutezza non sarebbe stata vigorosa l'un per cento di quello che sembrasse nelle parole. Luciano rideva de' miei sospetti, soggiungendo che se io lo tacciava di romanticismo, era ben piú degno a scusabile l'esser romantici nei fatti, che nei sospiri e nella capigliatura.
      - Non frignerò romanze, né mi tingerò le guance della preoccupazione del suicidio, come d'un cosmetico di moda - rispondeva egli. - Diventerò invece l'eroe di qualche ballata, e le donne d'Argo e d'Atene ricorderanno il mio nome insieme a quelli di Rigas e di Botzaris. Sarà un romanticismo utile a qualche cosa.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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