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      Tantoché Raimondo, avendo infilato il suo braccio in quello del general Partistagno per far secolui un giretto sotto le Procuratie, questi colle belle e colle buone se n'era liberato soggiungendo beffardamente che sarebbe ito con lui quando non avesse avuto né moglie né figliuoli. Raimondo capí, fu spinto all'estremo, e dopo molte considerazioni venne nella deliberazione di sfidarmi per mezzo del Marcolini, come avete veduto. Il Partistagno, che era l'altro testimonio, o non volle impicciarsi di venire a casa mia, o Raimondo credette spaventarmi presentandomi quel cotale che aveva una sí gran fama di valente spadaccino. Io poi di ciò non mi curava punto: e come non avrei commesso mai la pazzia di sfidare alcuno, cosí non mi sarei rifiutato dall'accettare una sfida, anco se mi fosse venuta dal primo ammazzatore d'Europa.
      Il duello avvenne la settimana seguente in un giardino vicino a Mestre. Io mi vi avviai come ad una passeggiata; avea l'occhio limpido, il polso sicuro, e perfino nell'anima m'era svampata ogni rabbia contro il Venchieredo; ne sentiva piuttosto compassione al vederlo pallido e tremante come una foglia. Egli mi cedette sempre terreno, benché spingessi assai debolmente l'assalto finché si trovò col piede destro proprio sulla sponda d'un fosso che cadeva parecchie braccia. Mi fermai con troppa generosità avvertendolo che un passo di piú in addietro e sarebbe precipitato; i suoi testimoni gli ripetevano questa ammonizione, quand'egli, approfittando della mia distrazione, mi avventò al petto una stoccata, che guai se non fossi balzato indietro d'un salto!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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