Mi avrebbe passato da banda a banda. Tuttavia mi sfiorò una mammella e ne fece zampillare il sangue: né il ghigno che gli vidi sul volto in allora cooperò poco a rinfiammarmi di furore. Mi slanciai innanzi con due rapide finte e mentre egli sorpreso atterrito armeggiava a destra e a sinistra, e pensava, credo, di gettar via la spada e di fuggire, gli cacciai mezza la lama in un fianco e lo mandai a rotolare nel fosso.
Non ebbi a soffrire verun fastidio per questo duello, benché il codice di quel tempo lo punisse assai severamente. Quanto a Raimondo guarí della ferita, ma nel cadere si era fratturato il femore, e ne rimase sconciamente sciancato. Credo che d'allora in poi egli si lodò sempre di me e della Pisana come de' suoi migliori amici; o le sue mormorazioni furono cosí guardinghe e segrete che non mi obbligarono a nessun atto spiacevole. L'Aquilina venne a cognizione di quella mia scappata giovanile, e non vi dirò i rimbrotti e le lavate di capo che mi toccò subire. In onta peraltro alle continue dissensioni, la nascita d'un terzo figliuolo, cui tenne dietro due anni dopo quella d'una bambina, provarono abbastanza che in qualche momento andavamo anche troppo d'accordo. Dico troppo; perché dopo tanto tempo di tregua io non desiderava certamente questa crescenza di famiglia; ma poiché la natura aveva voluto operare per noi un mezzo miracolo, io ebbi il buonsenso di esserlene grato e di rassegnarmi. Il fanciullo ebbe nome di Giulio e la bambina Pisana, in memoria di due cari che ci avevano preceduto nel regno dell'eternità.
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Raimondo Pisana Aquilina Giulio Pisana
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