A quel tempo tutti i capitali della casa Apostulos erano passati in Grecia, ove Spiro molti ne aveva erogati a sussidio della nazione, e alcuni anche impiegatine nell'acquisto di fondi nelle vicinanze di Corinto. La guerra dell'indipendenza era scaduta a contesa diplomatica. Dopo la distruzione della flotta turca a Navarino, Ibrahim Bascià co' suoi Egiziani teneva debolmente qualche posizione della Morea: la Turchia non aveva né armi né cannoni onde aiutarlo, e la guerra santa promulgata con tanta enfasi dava ai Greci pochissima paura, e minor fastidio. Il conte Capodistria stringeva nelle sue mani le sorti del paese, e benché avesse voce di essere un turcimanno della Russia, pure la necessità gli rendeva ubbidienti gli animi del popolo. Spiro lasciava travedere nelle sue lettere di sperarne ben poco; mi diceva anche che il suo figlio maggiore e il mio Luciano erano tra i prediletti del Conte con pochissimo suo aggradimento; ma che i giovani corrono dietro alla gloria ed al potere, e bisognava scusarli. Teodoro invece stava coi liberali, coi vecchi caporioni dell'insurrezione tenuti d'occhio allora peggio dei Turchi, e non era ben veduto dal Conte presidente; bensí egli suo padre lo lodava assai di quella indipendenza veramente degna d'un greco.
Merito delle circostanze, di Capodistria, dei Francesi o dei Russi, il fatto sta che la Morea fu libera in breve da' suoi oppressori, e che con qualche respiro di pace essa poté attendere dai congressi europei la decisione de' suoi destini.
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