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      Domandare d'un volontario ferito era lo stesso che farsi chiudere la porta in faccia: alla fine tornai allo Spedale divisando chiederne conto ai medici, uno dei quali doveva pur essere chiamato a curarlo in qualunque luogo egli si trovasse, se pur non lo lasciavano morire come un cane. Benché mi sconfidasse il pensiero che non tutti i medici di Rimini frequentavano certo l'Ospitale, pure non trovando di meglio m'appigliai a questo partito, ed ebbi a lodarmene perché un giovine chirurgo intenerito alle mie preghiere mi tirò prudentemente da un lato, e, dettomi che lo aspettassi in istrada, soggiunse che avrei trovato di lí ad una mezz'ora quello di cui cercava.
      - Oh per carità, in che stato si trova egli? - sclamai. - Per carità, mi dica il vero, signor dottore; e non voglia ingannare un misero padre!
      - State quieto: - soggiunse egli - la ferita è profonda ma non dispero di guarirlo. Egli è in buone mani e miglior assistenza non avrebbe se avesse al capezzale una sorella e una madre. Di meno egli non meritava: intanto, vi prego, aspettatemi, e in pochi minuti sono con voi. Prudenza sopratutto, perché son cose dilicate, e viviamo in tempi difficili.
      Io non fiatai; scesi pian piano le scale, e quando fui in istrada ne andai su e giù, finché vidi uscire il dottore. Allora egli mi condusse in una casa di modesta apparenza, ove poiché ebbe preparato l'animo di mio figlio, mi introdusse nella camera ov'egli giaceva. Vi dica chi può la dolcezza di quei primi abbracciamenti! certo chi non fu padre non potrà nemmeno immaginarsela.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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