Quanto poi al non aver preso in ira la Clara, prima di tutto, scusami, ma l'ira è sentimento da ragazzi; io poi non l'ebbi contro di lei perché la sua non fu ingiustizia ma allucinazione: ella credeva di amarmi meglio a quel modo, e di procurarmi non un piacer mondano e passeggiero, ma una contentezza celeste ed eterna. Figurati! Doveva anzi esserlene grato.
Io ammirai la facilità colla quale Lucilio subordinava alla ragione i piú fuggevoli e involontari movimenti dell'animo. A forza di costanza e di esercizio egli governava se stesso come un orologio; e passioni affetti pensieri si aggiravano in quel modo ch'egli avea loro prefisso. Bensí non si poteva dire che egli sentisse fiaccamente; anzi a conoscerlo bene bisognava confessare che soltanto con una pressura quasi sovrannaturale di volontà egli potea giungere a tener regolate e compresse le passioni che lo agitavano.
Lucilio e la Clara si videro quasi tutte le sere durante quell'inverno, e la conversazione di casa Fratta ebbe piú volte a scandolezzarsi delle violente scappate del vecchio dottore. Augusto Cisterna andava dicendo che si dovea perdonargli per la vecchiaia, ma la Clara portava piú oltre la tolleranza, affermando che era sempre stato pazzo a quel modo e che Dio lo avrebbe scusato pei suoi buoni motivi. Ella aveva gran cura di non porre gli occhi addosso al dottore, forse perché cosí s'era votata di fare uscendo di convento; ma del resto tanta era la semplicità della sua fede e la ingenuità delle maniere che Lucilio ne sorrideva piú di ammirazione che di scherno.
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