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      Bruto invece, che colla sua gamba di legno si trovava meglio d'assai in terraferma, ci serviva volonterosamente da fattore; e gran parte della buona stagione la passava in Friuli, dove anche la sua presenza era utile per uno sciame di nipoti d'ogni sesso ed età che avevano lasciato i suoi fratelli e ch'egli si studiava alla bell'e meglio di beneficare. Io per me aveva provveduto a tutti i figliuoli di Donato e della Bradamante. Due ragazze erano maritate assai decentemente una a Portogruaro l'altra a San Vito; e dei giovani l'uno guadagnava il bisogno nella sua professione di veterinario, l'altro attendeva alle cose sue, e dall'affitto della spezieria e da uno dei miei poderi che gli aveva ceduto da amministrare, ricavava abbastanza per ristorar la famiglia delle sofferte sciagure.
      Quelli invece che andavano di male in peggio erano i Conti di Fratta. Sarà stata una sciocchezza ma a me doleva sempre e ne duol tuttavia di vedersi spegnere la famiglia della Pisana. Il dissesto poi d'ogni loro fortuna non era pareggiato che dalla stoica felicità colla quale lo sopportavano. Rinaldo con compere di libri e con neglette esazioni; la Clara con improvvide beneficenze, ognuno dal canto suo avea dato fondo ai rimasugli del proprio avere. Rimanevano ancora due o tre coloni con un'ala cadente del castello e due torri sfiancate, ma gli affitti si disperdevano a destra e a sinistra nelle mani rabbiose e litiganti dei creditori: non un quattrino ne giungeva a Venezia, quando mai si avrebbe potuto scrivere colà che ne mandassero.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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