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      Là si vide il doppio intento d'una condotta e d'un modo di pensare che pareva uguale ed era tutt'altro: l'Ormenta, i Cisterna e i loro satelliti pensavano all'utile proprio, alla sicura comodità della vita sotto la scusa della gloria di Dio; Rinaldo e la Clara operavano per la gloria di Dio in tutto e per tutto, e la sostanza i commodi la vita avrebbero sacrificato allegramente per quel santissimo scopo. Gli è vero forse che anche la gloria di Dio la intendevano assai diversamente tra fratello e sorella, ma ad ogni modo nelle azioni e nell'opinion loro uno scopo ideale c'era; e picchiavano anch'essi le mani e si univano al generale entusiasmo, mentre il dottor Ormenta guardava sospettoso dalla finestra e mandava il canchero nel cuore a quei maledetti gridatori. Tuttavia all'occasione gridava quant'ogni altra buona gola; e non si faceva grattar la pancia come le cicale.
      Mio figlio intanto era andato inzaccherandosi sempre piú in sí trista compagnia: e per quanto mi studiassi di sollevargli la mente dalle cose basse e materiali e di tenergli viva la gioventù dello spirito, egli non mi badava piú che tanto e mi pareva piú vecchio lui a ventidue anni che non fossi io a settanta. Piú anche mi studiava di volgerlo a sentimenti forti e generosi in quegli ultimi anni quando m'accorgeva delle vicende che ci pendevano sopra, e sentendomi già poco meno che decrepito, l'avrei dovuto lasciare senza guida nei momenti in cui piú forse ne avrebbe abbisognato. Ma il sozzo dolciume dei vizii gli aveva troppo guasto il palato, e quei pervertitori della gioventù lo avevano persuaso che fuori della tranquillità, della buona tavola e del buon letto, non sono altre cose desiderabili al mondo; cotali opinioni le ostentava come segno di animo forte e d'indipendenza filosofica, facendosi merito di sprezzare la puerilità di chi metteva gran parte delle sue speranze nel contentamento di qualche desiderio meno umile.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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