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      Attendeva a questa mia speranza, quando in mezzo all'entusiasmo propagatosi per tutta Italia all'amnistia concessa da Pio IX, Giulio fu appunto il solo ch'ebbe il coraggio di opporsi all'invasamento universale; di deridere quelle feste quelle gridate in piazza, e di chiamar pazzi e femminette coloro che ci credevano. Non parlava e non agiva forse cosí per antiveggenza politica, ma per mostra di eccentricità e di cinismo; ad ogni modo, fosse anche stata profonda convinzione, era piú sfacciataggine che coraggio manifestarla a quel modo, in quei momenti. Anche le illusioni meritano qualche volta rispetto, e cosí non bisogna sfiorare la verginità d'animo d'un garzoncello, come non è lecito infirmare la fiducia generosa d'un popolo, quando la fede è per sé una forza rigeneratrice. Giulio invece motteggiava e beffeggiava senza riguardo; coloro stessi che forse meglio di lui erano persuasi delle sue opinioni, e ai quali tornava conto quell'opposizione, in pubblico facean le viste di non udire, o tirati in mezzo, disertavano lesti lesti all'entusiasmo dei piú. Giulio allora s'ostinava sempre piú e percotendo a due mani amici e nemici, smascherava la doppiezza di quelli, scherniva la dabbenaggine di questi, e si godeva di esser fuggito come il corvo dalle male nuove, e odiato come il paladino delle anticaglie e dello statu quo.
      Piú l'odio era generale piú si faceva un vanto di resistere; e fors'anco cominciava a credere nella verità di alcune fra le sue idee; ma raccolse il solito frutto della sua imprudenza.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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