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      Allora avvicinatomi pian piano mi parve udire lo scricchiolio d'una penna d'acciaio, e tutto ad un tratto facendo per aprir l'uscio, non lo potei perché era chiuso a chiave.
      - Chi è? - disse con voce un po' paurosa la fanciulla.
      - Eh, nulla!... Son io che veniva a vedere di te.
      - Subito, subito, papà: mi son cambiata tutta perché a finir quel ricamo sudai tanto questa sera, ch'era bagnata come un pulcino. Ma ora vengo ad aprirti.
      Infatti aperse e m'accolse con un sí bel sorriso sulle labbra che dovetti baciarla, e rimettere anche non poco dei miei sospetti. Vidi alcuni capi di vestiario gettati qua e là come tolti appena di dosso; ma avvicinandomi al tavolino osservai che la penna era ancora intinta d'inchiostro. Certo dunque aveva scritto e non voleva farmelo sapere: il che bastava per farmi sospettare piucchemai, e la lasciai indi a poco augurandole la buona notte se non l'avessi piú veduta. Il giorno appresso, quand'ella uscí per la messa insieme a sua madre, entrai nella sua stanza e feci di tutti i cassetti di tutti gli armadi un diligentissimo esame. Ma tutto era aperto, e niente trovai che potesse dar ragione ai sospetti concepiti la sera prima. Guardai nella cantera del buffetto vicino alla lettiera, e ci vidi, fra molti libricciuoli devoti, una specie di sacchettino ricamato nel quale ella costumava riporre medaglie, reliquie, immagini e altre simili cianfrusaglie. Mi parve che colle dita non si potesse giungere ben in fondo di quel sacchetto; e sentiva come alcune cartoline che non poteva carpire: allora lo rovesciai e scopersi una cucitura fatta, pareva, in gran fretta e con refe bianco.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253