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      L'uno era Arrigo Martelli che, fino dal 1832 reduce dalla Grecia, s'era immischiato nel susseguente anno a Napoli nella congiura di Rossaroll, e d'allora in poi era sempre stato in prigione nel Castel Sant'Elmo. Mi presentava il suo valoroso amico, il maggiore Rossaroll stesso che dalla lunghissima prigionia aveva sí affievolita la vista, ma non affranta per nulla l'invitta forza d'animo. Fummo amici d'un tratto, e mi sfogai con essoloro de' miei vecchi e nuovi dolori. E cosí riandando poi le vecchie storie mi cascò per caso dalle labbra il nome di Amilcare Dossi, ch'era rimasto nel Regno e piú non avea dato sentore di sé. Il Martelli allora rispose che pur troppo egli ne sapeva la fine miseranda; che immischiato nella guerra abruzzese del ventuno, e carcerato, era giunto a fuggire, ma che poi passato in Sicilia, dopo una vita piena di sventure e di delitti, avea terminato sul patibolo arringando fieramente il popolo, e imprecando sui suoi carnefici la giustizia di Dio. Queste cose avvenivano nel milleottocentotrentasei, e furono incentivo alle turbolenze che agitarono l'isola, e scoppiarono l'anno dopo in violente sommosse all'occasione del cholera.
      - Povero Amilcare! - io sclamai.
      Ma già di meglio non isperava del suo destino; e mi rammaricai colla mia sorte perversa che perfino da amici da lungo tempo sepolti mi suscitava nuovi dolori.
      Cara del pari e non amareggiata da sí tristi evocazioni, mi fu indi a qualche mese la visita di Alessandro Giorgi, che tornava dall'America meridionale, vecchio, abbrustolito, storpio, maresciallo, e duca di Rio-Vedras.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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