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      Il merito di cotal conversione era in gran parte suo; ma le dure circostanze per le quali eravamo passati, e l'indole robusta ed assennata del marito non ci furono per nulla. Guardate se io dovea rendere un omaggio sí giusto a quell'Enrico che mi sembrava proprio per l'addietro un capo da galera! Non malediciamo a nulla, figliuoli miei, neppure alle disgrazie. Dicono i Francesi che a qualche cosa sono buone anch'esse, e piucché a tutto, a procurare quella felicità certa e duratura che s'insalda sulla fortezza dell'animo.
      Fra le carte di Giulio mandatemi dall'America era anche il suo giornale indirizzato a me, e che può essere una prova di quanto ora vi ho detto. Io ci piansi sopra assai su quelle pagine; ma figuratevi! sono suo padre. Per voi basterà che impariate ad amarlo e lo rimeritiate con un postumo suffragio dell'ingiustizia che vivo egli ha saputo cosí nobilmente sopportare. Eccovelo trascritto, che non vi tolgo né vi aggiungo sillaba.
     
     
      CAPITOLO VENTESIMOTERZO
     
      Nel quale si contiene il giornale di mio figlio Giulio, dalla sua fuga da Venezia nel 1848, fino alla sua morte in America nel 1855. Dopo tanti errori, tante gioie, tante disgrazie, la pace della coscienza mi rende dolce la vecchiaia; e fra i miei figli e i miei nipotini, benedico l'eterna giustizia che m'ha fatto testimone ed attore d'un bel capitolo di storia, e mi conduce lentamente alla morte come ad un riposo ad una speranza. Il mio spirito, che si sente immortale, si solleva oltre il sepolcro all'eternità dell'amore.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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