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      Impariamo ad aspettare pazientemente per non aspettar lungamente. Cosí negli avvenimenti che consentono la deliberazione; ma quando il dado è gittato, quando l'onore è in ballo, si gettino allora peritanze scrupoli timori. Allora è concesso anzi imposto di mutarsi da soldati in vittime; allora son proibiti i postumi rincrescimenti, le scambievoli rampogne; allora il sacrifizio è una necessità non una speranza. Dove si accenda la prima miccia io volerò colla mia carabina: non affretterò mai lo scoppio, ma farò mio il pericolo.
      Qui alcuni esuli delle provincie venete, compagni di scuola o di stravizzo, credettero riconoscermi. Ghignarono fra loro senza peraltro affrontarmi; ma al giorno dopo li rividi, e diedero segnali piuttosto di stupore d'ammirazione che di sprezzo. Pareva che avessero indovinato il mio disegno, e lo rispettassero. Seppi dappoi che aveano chiesto di me ad alcuni commilitoni, i quali avevano detto loro il nome col quale mi conoscevano, e fatta ampia testimonianza del valore dimostrato nelle fazioni montane del Tirolo e del Varesotto. Lí fra quei profughi era sorto un diverbio; ché alcuni affermavano ch'io era Giulio Altoviti ed altri no; e taluno dei primi mormorava della dubbiezza della mia fede, e dell'obliqua condotta, ma i miei compagni d'arme sorsero fieramente a difendermi, dicendo che Altoviti o Gianni, io era per fermo un valoroso soldato, un uomo integro e leale.
      Giuseppe Minotto, uno di quei veneziani, approvò le parole di questi e persuase i suoi che se io aveva scelto quella via per rintegrarmi nella stima de' miei concittadini bisognava sapermene grado, e che l'aver io risposto all'insulto con imprese forti e magnanime era già validissimo indizio a ritenermi innocente.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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