Voi solo, padre mio, e mia madre, e mia sorella, serberete memoria non disdegnosa del povero Giulio, e l'anima mia, non beata d'altro che d'amar voi, si consacra fin d'ora a rendere non iniqua la vostra bontà!
Roma, 9 febbraio 1849
Città eterna! Spettro immenso e terribile! Gloria, castigo, speranza d'Italia! Innanzi a te tacciono le ire fraterne, come dinanzi alla giustizia onnipresente. Tu sollevi la voce, e tacciono intenti i popoli dalle nevi dell'Alpi alle marine dell'Ionio. Arbitra sei del passato e del futuro. Il presente s'interpone come un punto, nel quale tu non puoi capire con tanta mole di memorie e di speranze. Oggi, oggi stesso un grande nome risorse dall'obblio dei secoli; e l'Europa miscredente e contraria non avrà coraggio di ripeterlo col solito ghigno: lo spirito trabocca dalle parole, sia rispetto o paura egli vi costringerà, tutti quanti siete, a pronunciarla con labbra tremanti. Ma ogni respiro di Roma è espiato con qualche vittima sanguinosa. Nacque dal fratricidio, la liberò il sangue di Lucrezia, e Virginia scannata e le recise teste dei Gracchi bruttarono le piú belle pagine della sua storia. Il pugnale di Bruto atterrò un gigante, e aperse la strada ai nipoti, striscianti nel fango. Ed anche ora proviene da un assassinio l'audacia del grande conato. Ne giudichi Iddio. Certo anche la coscienza ha i suoi momenti d'ebbrezza che non offuscano per altro l'immutabile santità delle leggi morali. Ma rifiuteremo noi gli effetti per la turpitudine della causa?
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