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      Gridavano di voler uccidere i capi bianchi ch'erano venuti a spodestarli della pianura e della riva del Gran Fiume; e lanciavano contro le mura frecce e macigni. Il dottore coi suoi pochi soldati si difendeva gagliardamente, e dava tempo ai coloni del paese di armarsi e di correre in aiuto; fors'anco noi potevamo capitar a tempo e tutto era salvo. Ma a quelle fiere rabbiose capitò in mente il ripiego dell'incendio; grandi ammassi di canne delle vicine fattorie furono cacciati intorno alla Sopraintendenza, e per opposizione che facessero i rinchiusi, in breve un immenso vortice di fuoco invase i fabbricati. Allora furono veduti prodigi di valore e di disperazione; donne che si precipitavano nelle fiamme, uomini che si gettavano dalle finestre e usciti semivivi dall'incendio si facevano strada col pugnale traverso i selvaggi, schiavi e schiave che facevano schermo del proprio petto ai padroni, soldati che si piantavano le spade nel cuore piuttostoché correre il pericolo di esser arrostiti vivi.
      Il dottor Ciampoli uscí dalla porta laterale dinanzi alla quale le fiamme erano meno dense; aveva intorno una scorta di sei uomini disperati e fedeli, dietro il Fabietto che con coraggio maggiore dell'età sua si trascinava per mano e quasi portava la Gemma; egli procedeva innanzi colla spada in una mano e il pugnale nell'altra. Sperava aprirsi un varco fra i nemici, ma usciti tutti a salvamento dall'incendio, tosto fu loro addosso una frotta tumultuosa di pelli-rosse. Parevano demonii guizzanti a tafferuglio nelle fiamme dell'inferno, e noi scendendo dal monte lontano un miglio appena, ne vedevamo allora le sinistre apparizioni.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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