tua prigioniera, io stesso; onde t'avveggaquant'io t'avanzo di possanza, e quindi
altri meco uguagliarsi e cozzar tema.
Di furore infiammâr l'alma d'Achille
queste parole. Due pensier gli fêroterribile tenzon nell'irto petto,
se dal fianco tirando il ferro acutola via s'aprisse tra la calca, e in seno
l'immergesse all'Atride; o se domassel'ira, e chetasse il tempestoso core.
Fra lo sdegno ondeggiando e la ragionel'agitato pensier, corse la mano
sovra la spada, e dalla gran vaginatraendo la venìa; quando veloce
dal ciel Minerva accorse, a lui speditadalla diva Giunon, che d'ambo i duci
egual cura ed amor nudrìa nel petto.
Gli venne a tergo, e per la bionda chiomaprese il fiero Pelìde, a tutti occulta,
a lui sol manifesta. Stupefattosi scosse Achille, si rivolse, e tosto
riconobbe la Diva a cui dagli occhiuscìan due fiamme di terribil luce,
e la chiamò per nome, e in ratti accenti,
Figlia, disse, di Giove, a che ne vieni?
Forse d'Atride a veder l'onte? Apertoio tel protesto, e avran miei detti effetto:
ei col suo superbir cerca la morte,
e la morte si avrà. - Frena lo sdegno,
la Dea rispose dalle luci azzurre:
io qui dal ciel discesi ad acchetarti,
se obbedirmi vorrai. Giuno spedimmi,
Giuno ch'entrambi vi difende ed ama.
Or via, ti calma, né trar brando, e solodi parole contendi. Io tel predìco,
e andrà pieno il mio detto: verrà tempoche tre volte maggior, per doni eletti,
avrai riparo dell'ingiusta offesa.
Tu reprimi la furia, ed obbedisci.
E Achille a lei: Seguir m'è forza, o Diva,
benché d'ira il cor arda, il tuo consiglio.
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Achille Atride Minerva Giunon Pelìde Achille Diva Giove Atride Dea Achille Seguir Diva
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