Partì sdegnato il veglio; e Apollo, a cuidiletto capo egli era, il suo lamento
esaudì dall'Olimpo, e contra i Greci
pestiferi vibrò dardi mortali.
Perìa la gente a torme, e d'ogni partesibilanti del Dio pel campo tutto
volavano gli strali. Alfine un saggioindovin ne fe' chiaro in assemblea
l'oracolo d'Apollo. Io tosto il primoesortai di placar l'ire divine.
Sdegnossene l'Atride, e in piè levatouna minaccia mi fe' tal che pieno
compimento sortì. Gli Achivi a Crisa
sovr'agil nave già la schiava adducononon senza doni a Febo; e dalla tenda
a me pur dianzi tolsero gli araldi,
e menâr seco di Brisèo la figlia,
la fanciulla da' Greci a me donata.
Ma tu che il puoi, tu al figlio tuo soccorri,
vanne all'Olimpo, e porgi preghi a Giove,
s'unqua Giove per te fu nel bisognoo d'opera aitato o di parole.
Nel patrio tetto, io ben lo mi ricordo,
spesso t'intesi glorïarti, e direche sola fra gli Dei da ria sciagura
Giove campasti adunator di nembi,
il giorno che tentâr Giuno e Nettunno
e Pallade Minerva in un con gli altricongiurati del ciel porlo in catene;
ma tu nell'uopo sopraggiunta, o Dea,
l'involasti al periglio, all'alto Olimpo
prestamente chiamando il gran Centìmano,
che dagli Dei nomato è Brïarèo,
da' mortali Egeóne, e di fortezzalo stesso genitor vincea d'assai.
Fiero di tanto onore alto ei s'assisedi Giove al fianco, e n'ebber tema i numi,
che poser di legarlo ogni pensiero.
Or tu questo rammentagli, e al suo latosiedi, e gli abbraccia le ginocchia, e il prega
di dar soccorso ai Teucri, e far che tuttefino alle navi le falangi achee
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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