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      e del cibo egualmente ripartitosbramârsi tutti. Del cibarsi estinto
      e del bere il desìo, d'almo lïeocoronando il cratere, a tutti in giro
      ne porsero i donzelli, e fe' ciascuno,
      libagion colle tazze. E così tuttocantando il dì la gioventude argiva,
      e un allegro peàna alto intonando,
      laudi a Febo dicean, che nell'udirlesentìasi tocco di dolcezza il core.
      Fugato il sole dalla notte, ei diersipresso i poppesi della nave al sonno.
      Poi come il cielo colle rosee ditala bella figlia del mattino aperse,
      conversero la prora al campo argivo,
      e mandò loro in poppa il vento Apollo.
      Rizzâr l'antenna, e delle bianche veleil seno dispiegâr. L'aura seconda
      le gonfiava per mezzo, e strepitoso,
      nel passar della nave, il flutto azzurromormorava dintorno alla carena.
      Giunti agli argivi accampamenti, in seccotrasser la nave su la colma arena,
      e lunghe vi spiegâr travi di sottoacconciamente. Per le tende poi
      si dispersero tutti e pe' navili.
      Appo i suoi legni intanto il generosoPelìde Achille nel segreto petto
      di sdegno si pascea, né al parlamento,
      scuola illustre d'eroi, né alle battagliepiù comparìa; ma il cor struggea di doglia
      lungi dall'armi, e sol dell'armi il suonoe delle pugne il grido egli sospira.
      Rifulse alfin la dodicesma aurora,
      e tutti di conserva al ciel gli Eterni
      fean ritorno, ed avanti iva il re Giove.
      Memore allor del figlio e del suo prego,
      Teti emerse dal mare, e mattutinain cielo al sommo dell'Olimpo alzossi.
      Sul più sublime de' suoi molti gioghiin disparte trovò seduto e solo
      l'onniveggente Giove. Innanzi a lui


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





Febo Apollo Achille Eterni Giove Olimpo Giove