Io dunquecomandeṛ che su le navi ognuno
si disponga alla fuga, e sparsi ad artevoi l'impedite con opposti accenti.
Coś detto s'assise. In piè rizzossidell'arenosa Pilo il regnatore
Nestore, e saggio ragionando disse:
O amici, o degli Achei principi e duci,
s'altro qualunque Argivo un cotal sognodetto n'avesse, un menzogner l'avremmo,
e spregeremmo: ma lo vide il sommocapo del campo. A risvegliar si corra
dunque l'acheo valore. - E ś dicendousciva il vecchio dal consiglio, e tutti
surti in piè lo segúan gli altri scettratidel re supremo ossequiosi. Intanto
il popolo accorrea. Quale dai foridi cava pietra numeroso sbuca
lo sciame delle pecchie, e succedendosempre alle prime le seconde, volano
sui fior di aprile a gara, e vi fan grappoloaltre di qua affollate, altre di là;
coś fuor delle navi e delle tendecorrean per l'ampio lido a parlamento
affollate le turbe, e le spronaval'ignea Fama, di Giove ambasciatrice.
Si congregaro alfin. Tumultuosobrulicava il consesso, ed al sedersi
di tante genti il suol gemea di sotto.
Ben nove araldi d'acchetar fean provaquell'immenso frastuono, alto gridando:
Date fine ai clamori, udite i regi,
udite, Achivi, del gran Dio gli alunni.
Sostârsi alfine: ne' suoi seggi ognunosi compose, e cesṣ l'alto fragore.
Allor rizzossi Agamennón stringendolo scettro, esimia di Vulcan fatica.
Diè pria Vulcano quello scettro a Giove,
e Giove all'uccisor d'Argo Mercurio;
questi a Pelope auriga, esso ad Atrèo;
Atrèo morendo al possessor di pinguigreggi Tieste, e da Tieste alfine
nella destra pasṣ d'Agamennóne,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Pilo Achei Argivo Fama Giove Achivi Dio Agamennón Vulcan Vulcano Giove Argo Mercurio Pelope Atrèo Tieste Tieste Agamennóne
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