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      di concorde voler, ché disperatadelle mura troiane è la conquista.
      Mosse quel dire delle turbe i petti,
      e fremea l'adunanza, a quella guisache dell'icario mare i vasti flutti
      si confondono allor che Noto ed Euro
      della nube di Giove il fianco aprendoa sollevar li vanno impetuosi.
      E come quando di Favonio il soffiodenso campo di biade urta, e passando
      il capo inchina delle bionde spiche;
      tal si commosse il parlamento, e tuttialle navi correan precipitosi
      con fremito guerrier. Sotto i lor piedis'alza la polve, e al ciel si volve oscura.
      I navigli allestir, lanciarli in mare,
      espurgarne le fosse, ed i puntellisottrarre alle carene era di tutti
      la faccenda e la gara. Arde ogni pettodel sacro amore delle patrie mura,
      e tutto di clamori il cielo eccheggia.
      E degli Achei quel dì sarìa seguìto,
      contro il voler de' fati, il dipartire,
      se con questo parlar non si volgeaGiuno a Minerva: O dell'Egìoco Padre
      invincibile figlia, così dunque,
      il mar coprendo di fuggenti vele,
      al patrio lido rediran gli Achivi?
      Ed a Priamo l'onore, ai Teucri il vantolasceran tutto dell'argiva Elèna
      dopo tante per lei, lungi dal caronido natìo, qui spente anime greche?
      Deh scendi al campo acheo, scendi, ed adopralusinghiero parlar, molci i soldati,
      frena la fuga, né patir che un solode' remiganti pini in mar sia tratto.
      Obbediente la cerulea Diva
      dalle cime d'Olimpo dispiccossivelocissima, e tosto fu sul lido.
      Ivi Ulisse trovò, senno di Giove,
      occupato non già del suo naviglio,
      ma del dolor che il preme, e immoto in piedi.
      Gli si fece davanti la divina


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Iliade
di Homerus (Omero)
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