Cosė l'impero adoperando Ulisse
frena le turbe, e queste a parlamentodalle navi di nuovo e dalle tende
con fragore accorrean, pari a marinaonda che mugge e sferza il lido, ed alto
ne rimbomba l'Egeo. Queto s'assideciascheduno al suo posto: il sol Tersite
di gracchiar non si resta, e fa tumultoparlator petulante. Avea costui
di scurrili indigeste dicerėepieno il cerčbro, e fuor di tempo, e senza
o ritegno o pudor le vomitavacontro i re tutti; e quanto a destar riso
infra gli Achivi gli venėa sul labbro,
tanto il protervo beffator dicea.
Non venne a Troia di costui pių bruttoceffo; era guercio e zoppo, e di contratta
gran gobba al petto; aguzzo il capo, e sparsodi raro pelo. Capital nemico
del Pelėde e d'Ulisse, ei li soleamorder rabbioso: e schiamazzando allora
colla stridula voce laceravaanche il duce supremo Agamennóne,
sė che tutti di sdegno e di corrucciofremean; ma il tristo ognor pių forti alzava
le rampogne e gridava: E di che dunqueti lagni, Atride? che ti manca? Hai pieni
di bronzo i padiglioni e di donzelle,
delle vinte cittā spoglie presceltee da noi date a te primiero. O forse
pur d'auro hai fame, e qualche Teucro aspettiche d'Ilio uscito lo ti rechi al piede,
prezzo del figlio da me preso in guerra,
da me medesmo, o da qualch'altro Acheo?
O cerchi schiava giovinetta a cuimescolarti in amore alla spartita?
Eh via, che a sommo imperador non licescandalo farsi de' minori. Oh vili,
oh infami, oh Achive, non Achei! Facciamovela una volta; e qui costui si lasci
qui lui solo a smaltir la sua ricchezza,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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