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      onde a prova conosca se l'aitagli è buona o no delle nostr'armi. E dianzi
      nol vedemmo pur noi questo superboad Achille, a un guerrier che sì l'avanza
      di fortezza, for onta? E dell'offesonon si tien egli la rapita schiava?
      Ma se d'Achille il cor di generosabile avvampasse, e un indolente vile
      non si fosse egli pur, questo sarìastato l'estremo de' tuoi torti, Atride.
      Così contra il supremo Agamennóne
      impazzava Tersite. Gli fu soprarepente il figlio di Laerte, e torvo
      guatandolo gridò: Fine alle tuefaconde ingiurie, ciarlator Tersite.
      E tu sendo il peggior di quanti a Troia
      con gli Atridi passâr, tu audace e solonon dar di cozzo ai re, né rimenarli
      su quella lingua con villane aringhe,
      né del ritorno t'impacciar, ché il finedi queste cose al nostro sguardo è oscuro,
      né sappiam se felice o sventuratoquesto ritorno riuscir ne debba.
      Ma di tue contumelie al sommo Atride
      so ben io lo perché: donato il vedidi molti doni dagli achivi eroi,
      per ciò ti sbracci a maledirlo. Or iocosa dirotti che vedrai compiuta.
      Se com'oggi insanir più ti ritrovo,
      caschimi il capo dalle spalle, e dettodi Telemaco il padre io più non sia,
      mai più, se non t'afferro, e delle vestitutto nudo, da questo almo consesso
      non ti caccio malconcio e piangoloso.
      Sì dicendo, le terga gli percuotecon lo scettro e le spalle. Si contorce
      e lagrima dirotto il manigoldodell'aureo scettro al tempestar, che tutta
      gli fa la schiena rubiconda; ond'eglidi dolor macerato e di paura
      s'assise, e obbliquo riguardando intornocol dosso della man si terse il pianto.


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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