Rallegrò quella vista i mesti Achivi,
e surse in mezzo alla tristezza il riso;
e fu chi vòlto al suo vicin dicea:
Molte in vero d'Ulisse opre vedemmoeccellenti e di guerra e di consiglio,
ma questa volta fra gli Achei, per dio!
fe' la più bella delle belle imprese,
frenando l'abbaiar di questo canedileggiator. Che sì, che all'arrogante
passò la frega di dar morso ai regi!
Mentre questo dicean, levossi in piedie collo scettro di parlar fe' cenno
l'espugnatore di cittadi Ulisse.
In sembianza d'araldo accanto a luila fiera Diva dalle luci azzurre
silenzio a tutti impose, onde gli estremidel par che i primi udirne le parole
potessero, ed in cor pesarne il senno.
Allora il saggio diè principio: Atride,
questi Achivi di te vonno far oggiil più infamato de' mortali. Han posto
le promesse in obblìo fatte al partirsid'Argo alla volta d'Ilïon, giurando
di non tornarsi che Ilïon caduto.
Guardali: a guisa di fanciulli, a guisadi vedovelle sospirar li senti,
e a vicenda plorar per lo desìodi riveder le patrie mura. E in vero
tal qui si pate traversìa, che scusail desiderio de' paterni tetti.
Se a navigante da vernal procellaimpedito e sbattuto in mar che freme,
pur di un mese è crudel la lontananzadalla consorte, che pensar di noi
che già vedemmo del nono anno il girosu questo lido? Compatir m'è forza
dunque agli Achivi, se a mal cor qui stanno.
Ma dopo tanta dimoranza è turpevôti di gloria ritornar. Deh voi,
deh ancor per poco tollerate, amici,
tanto indugiate almen, che si conoscase vero o falso profetò Calcante.
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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