Fra' Greci
bramo io pur diffinita e fra' Troiani
questa lite una volta e le soffertemolte sventure per la mia ragione
e per l'oltraggio d'Alessandro. Or quelloperisca di noi due, che dalla Parca
è dannato a perire; e voi con pacevi separate. Una negr'agna adunque
svenate, o Teucri, all'alma Terra, e un agnodi bianco pelo al Sole: un terzo a Giove
offrirassi da noi. Ma venga all'arala maestà di Prïamo, e la pace
giuri egli stesso su le sacre fibre
(ché spergiuri per prova e senza fedeio conosco i suoi figli), onde protervo
nessun di Giove i giuramenti infranga.
Incostante, com'aura, è per naturade' giovani il pensier; ma dove il senno
intervien de' canuti, a cui presentison le passate e le future cose,
ivi è felice d'ambe parti il fine.
Sì disse; e rallegrò Teucri ed Achei
la dolce speme di finir la guerra.
Schieraro i cocchi e ne smontâr: svestitiquindi dell'armi, le adagiâr su l'erba,
l'une appresso dell'altre, e breve spazioseparava le schiere. Alla cittade
due banditori, a trarne i sacri agnellie a chiamar ratti il padre, Ettore invìa:
invìa del pari il rege Agamennóne
alle navi Taltibio, onde la terzaostia n'adduca; e obbediente ei corse.
Scese intanto dal cielo ambasciatriceIri ad Elèna dalle bianche braccia,
della cognata Laodice assuntoil sembiante gentil, di Laodice
che pregiata del prence Elicaone,
d'Antènore figliuolo, era consorte,
e tra le figlie prïamee tenutala più vaga. Trovolla che tessea
a doppia trama una splendente e largatela, e su quella istorïando andava
le fatiche che molte a sua cagione
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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