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      Vieni, Elena, vien qua, figlia diletta,
      siedimi accanto, e mira il tuo primierosposo e i congiunti e i cari amici. Alcuna
      non hai colpa tu meco, ma gli Dei,
      che contra mi destâr le lagrimosearme de' Greci. Or drizza il guardo, e dimmi
      chi sia quel grande e maestoso Acheo
      di sì bel portamento? Altri l'avanzaben di statura, ma non vidi al mondo
      maggior decoro, né mortale io maidegno di tanta riverenza in vista:
      Re lo dice l'aspetto. - E la più belladelle donne così gli rispondea:
      Suocero amato, la presenza tuadi timor mi rïempie e di rispetto.
      Oh scelta una crudel morte m'avessi,
      pria che l'orme del tuo figlio seguire,
      il marital mio letto abbandonandoe i fratelli e la cara figlioletta
      e le dolci compagne! Al ciel non piacque;
      e quindi è il pianto che mi strugge. Or iodi ciò che chiedi ti farò contento.
      Quegli è l'Atride Agamennón di moltevaste contrade correttor supremo,
      ottimo re, fortissimo guerriero,
      un dì cognato a me donna impudica,
      s'unqua fui degna che a me tale ei fosse.
      Disse; ed in lui maravigliando il vecchiofisse il guardo e sclamò: Beato Atride,
      cui nascente con fausti occhi mirarola Parca e la Fortuna, onde il comando
      di fior tanto d'eroi ti fu sortito!
      Sovviemmi il giorno ch'io toccai stranierola vitifera Frigia. Un denso io vidi
      popolo di cavalli agitatoredell'inclito Migdon schiere e d'Otrèo,
      che poste del Sangario alla rivieraavean le tende, ed io co' miei m'aggiunsi
      lor collegato, e fui del numer unoil dì che a pugna le virili Amàzzoni
      discesero. Ma tante allor non fûrole frigie torme no quante or l'achee.


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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