del dëiforme Pandaro. Trovollostante in piedi nel mezzo al clipeato
stuolo de' forti che l'avea seguětodalle rive d'Esepo. Appropinquossi
a lui la Diva, e disse: Inclito germedi Licaon, vuoi tu ascoltarmi? Ardisci,
vibra nel petto a Menelao la puntad'un veloce quadrello. E grazia e lode
te ne verrŕ dai Dardani e dal prenceParide in prima, che d'illustri doni
colmeratti, vedendo il suo rivalemontar sul rogo, dal tuo stral trafitto.
Su via dunque, dardeggia il burbanzosoAtride, e al licio saettante Apollo
prometti che, tornato al patrio tettonella sacra Zelča, darai di scelti
primogeniti agnelli un'ecatombe.
Cosě disse Minerva, e dello stoltopersuase il pensier. Dič mano ei tosto
al bell'arco, giŕ spoglia di lascivocapro agreste. L'aveva egli d'agguato,
mentre dal cavo d'una rupe uscěa,
colto nel petto, e su la rupe stesoresupino. Sorgevano alla belva
lunghe sedici palmi su l'alterafronte le corna. Artefice perito
le polě, le congiunse, e di lucentianelli d'oro ne fregiň le cime.
Tese quest'arco, e dolcemente a terraPandaro l'adagiň. Dinanzi a lui
protendono le targhe i fidi amici,
onde assalito dagli Achei non vegna,
pria ch'egli il marzio Menelao percuota.
Scoperchiň la faretra, ed un alatointatto strale ne cavň, sorgente
di lagrime infinite. Indi sul nervol'adattando promise al licio Apollo
di primonati agnelli un'ecatomberitornato in Zelča. Tirň di forza
colla cocca la corda, alla mammellaaccostň il nervo, all'arco il ferro, e fatto
dei tesi estremi un cerchio, all'improvvisol'arco e il nervo fischiar forte s'udiro,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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