simigliante del vivo astro d'autunno,
che lavato nel mar splende più bello.
Tal mandava dal capo e dalle spalledivin foco l'eroe, quando la Diva
lo sospinse nel mezzo ove più densaferve la mischia. Era fra' Teucri un certo
Darete, uom ricco e d'onoranza degno,
di Vulcan sacerdote, e genitoredi due prodi figliuoi mastri di guerra
Fegèo nomati e Idèo. Precorsi agli altrisi fêr costoro incontro a Dïomede,
essi sul cocchio, ed ei pedone: e a frontedivenuti così, scagliò primiero
la lung'asta Fegèo. L'asta al Tidìde
lambì l'omero manco, e non l'offese.
Col ferrato suo cerro allor secondomosse il Tidìde, né di mano indarno
il telo gli fuggì, ché tra le poppedel nemico s'infisse, e dalla biga
lo spiombò. Diede Idèo, visto quel colpo,
un salto a terra, e in un col suo bel carrosmarrito abbandonò la pia difesa
dell'ucciso fratel. Né avrìa schivatoperciò la morte; ma Vulcan di nebbia
lo ricinse e servollo, onde non restiil vecchio padre desolato al tutto.
Tolse i destrieri il vincitore, e trarlida' compagni li fece alle sue navi.
Visti i due figli di Darete i Teucri
l'un freddo nella polve e l'altro in fuga,
turbârsi; e la glaucopide Minerva
preso per mano il fero Marte disse:
O Marte, Marte, esizïoso Iddio
che lordo ir godi d'uman sangue e al suoloadeguar le città, non lasceremo
noi dunque battagliar soli tra loroTeucri ed Achei, qualunque sia la parte
cui dar la palma vorrà Giove? Or viaritiriamci, evitiam l'ira del nume.
In questo favellar trasse la scaltral'impetuoso Dio fuor del conflitto,
e su la riva riposar lo fece
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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