la destra poppa le piagò, sì ch'ellad'alto duol ne fu colta. Anco il gran Pluto
dal medesmo mortal figlio di Giove
aspro sofferse di saetta un colpolà su le porte dell'Inferno, e tale
lo conquise un dolor, che lamentosoe con lo stral ne' duri omeri infisso
all'Olimpo sen venne, ove Peone,
di lenitivi farmaci spargendola ferita, il sanò; ché sua natura
mortal non era: ma ben era audacee scellerato il feritor che d'ogni
nefario fatto si fea beffe, osandofin gli abitanti saettar del cielo.
Oggi contro te pur spinse Minerva
il figlio di Tidèo. Stolto! ché secopunto non pensa che son brevi i giorni
di chi combatte con gli Dei: né babbolo chiameran tornato dalla pugna
i figlioletti al suo ginocchio avvolti.
Benché forte d'assai, badi il Tidìde
ch'un più forte di te seco non pugni;
badi che l'Adrastina Egïalèa,
di Dïomede generosa moglie,
presto non debba risvegliar dal sonnoululando i famigli, e il forte Acheo
plorar che colse il suo virgineo fiore.
In questo dir con ambedue le palmela man le asterse dal rappreso icòre,
e la man si sanò, queta ogni doglia.
Riser Giuno e Minerva a quella vista,
e con amaro motteggiar la Diva
dalle glauche pupille il genitorecosì prese a tentar. Padre, senz'ira
un fiero caso udir vuoi tu? Ciprignaqualche leggiadra Achea sollecitando
a seguir seco i suoi Teucri diletti,
nel carezzarla ed acconciarle il peplo,
a un aurato ardiglione, ohimè! s'è puntala dilicata mano. - Il sommo padre
grazïoso sorrise, e a sé chiamatal'aurea Venere, Figlia, le dicea,
per te non sono della guerra i fieri
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Pluto Giove Inferno Olimpo Peone Minerva Tidèo Tidìde Adrastina Egïalèa Dïomede Acheo Giuno Minerva Diva Achea Teucri Venere Figlia
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