studi, ma l'opre d'Imeneo soavi.
A queste intendi, ed il pensier dell'armitutto a Marte lo lascia ed a Minerva.
Mentre in cielo seguìan queste favelle,
contro il figlio d'Anchise il bellicosoDïomede si spinge, né l'arresta
il saper che la man d'Apollo il copre.
Desïoso di porre Enea sotterrae spogliarlo dell'armi peregrine,
nulla ei rispetta un sì gran Dio. Tre voltea morte l'assalì, tre volte Apollo
gli scosse in faccia il luminoso scudo.
Ma come il forte Calidonio al quartoimpeto venne, il saettante nume
terribile gridò: Guarda che fai;
via di qua, Dïomede; il paragonenon tentar degli Dei, ché de' Celesti
e de' terrestri è disugual la schiatta.
Disse; e alquanto l'eroe ritrasse il piedel'ira evitando dell'arciero Apollo,
che, fuor condutto della mischia Enea,
nella sagrata Pergamo fra l'aredel suo delubro il pose. Ivi Latona,
ivi l'amante dello stral Dïana
lo curâr, l'onoraro. Intanto Apollo
formò di tenue nebbia una figurain sembianza d'Enea; d'Enea le finse
l'armi, e dintorno al vano simulacroTeucri ed Achei facean di targhe e scudi
un alterno spezzar che intorno ai pettiorrendo risonava. Allor si volse
al Dio dell'armi il Dio del giorno, e disse:
Eversor di città, Marte omicida,
che sol nel sangue esulti, e non andraiad aggredir tu dunque, a cacciar lungi
questo altiero mortal, questo Tidìde
che alle mani verrìa con Giove ancora?
Egli assalse e ferì prima Ciprigna
al carpo della mano; indi avventossia me medesmo coll'ardir d'un Dio.
Sì dicendo, s'assise alto sul colmodella pergàmea rocca, e il rovinoso
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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