e salde vi apriremo e larghe porteper l'egresso de' cocchi. Indi un'esterna
profonda fossa scaverem che tuttacircondi la muraglia, e de' cavalli
l'impeto affreni e de' pedon, se maide' Teucri irrompa l'orgoglioso ardire.
Disse, e tutti annuiro i prenci achei.
Di Prïamo alle soglie in questo mentresu l'alta iliaca rocca i Teucri anch'essi
tenean confusa e trepida consulta.
Primo il saggio Antenòr sì prese a dire:
Dardanidi, Troiani, e voi venutiin sussidio di Troia, i sensi udite
che il cor mi porge. Rendasi agli Atridi
con tutto il suo tesor l'argiva Elèna.
Vïolammo noi soli il giuramento,
e quindi inique le nostr'armi sono.
Se non si rende, non avrem che danno.
Così detto, s'assise. E surto in piediil bel marito della bella Argiva
così Pari rispose: Al cor m'è grave,
Antenore, il tuo detto, e so che portiuna miglior sentenza in tuo segreto.
Ché se parli davver, davvero i numiti han tolto il senno. Ma ben io qui schietti
i miei sensi aprirò. La donna io mainon renderò, giammai. Quanto alle ricche
spoglie che d'Argo a queste rive addussi,
tutte render le voglio, ed altre ancoraaggiungeronne di mio proprio dritto.
Tacque, e sul seggio si raccolse. Allorain sembianza d'un Dio levossi in mezzo
il Dardanide Prïamo, ed, Udite,
Teucri, ei disse, e alleati, il mio pensiero,
quale il cor lo significa. Pel campodel consueto cibo si ristauri
ognuno, e attenda alla sua scolta, e vegli.
Col nuovo sole alle nemiche naviIdèo sen vada, e ad ambedue gli Atridi
di Paride, cagion della contesa,
riferisca la mente, e una discreta
| |
Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
|
|
Teucri Prïamo Teucri Antenòr Troiani Troia Atridi Elèna Argiva Pari Argo Dio Dardanide Prïamo Udite Atridi Paride
|