esser di rogo a chi di vita è privo,
né porre indugio a consolarne l'ombracoll'officio pietoso. Il fulminante
sposo di Giuno il nostro giuro ascolti.
Così dicendo alzò lo scettro al cielo,
e l'araldo tornossi entro la sacracittade ai Teucri, già del suo ritorno
impazïenti e in pien consesso accolti.
Giunse, e intromesso la risposta espose.
Si sparsero allor ratti, altri al carreggiode' cadaveri intenti, altri al funèbre
taglio de' boschi. Dall'opposta parteun cuor medesmo, una medesma cura
occupava gli Achivi. E già dal quetogrembo del mare al ciel montando il sole
co' rugiadosi lucidi suoi stralile campagne ferìa, quando nell'atra
pianura si scontrâr Teucri ed Achei
ognuno in cerca de' suoi morti, a taledal sangue sfigurati e dalla polve,
che mal se ne potea, senza lavarli,
ravvisar le sembianze. Alfin trovatie conosciuti li ponean su i mesti
plaustri piangendo. Ma di Priamo il sennonon consentìa del pianto a' suoi lo sfogo:
quindi afflitti, ma muti, al rogo i Teucri
diero a mucchi le salme; ed arse tutte,
col cuor serrato alla città tornaro.
D'un medesmo dolor rotti gli Achei
i lor morti ammassâr sovra la pira,
e come gli ebbe la funerea fiammaconsumati, del mar preser la via.
Non biancheggiava ancor l'alba novella,
ma il barlume soltanto antelucano,
quando d'Achei dintorno all'alto rogoscelto stuolo affollossi. E primamente
alzâr dappresso a quello una comunetomba agli estinti, ed alla tomba accanto
una muraglia a edificar si dierod'alti torrazzi ghirlandata, a schermo
delle navi e di sé: porte vi fêro
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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Giuno Teucri Achivi Teucri Achei Priamo Teucri Achei Achei
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