per le tende alla presta un parco ciboarmavansi. Ed all'armi anch'essi i Teucri
per la città correan; né gli sgomentail numero minor, ché per le spose
e pe' figli a pugnar pronti li rendenecessità. Spalancansi le porte:
erompono pedoni e cavaliericon immenso tumulto, e giunti a fronte,
scudi a scudi, aste ad aste e petti a pettioppongono, e di targhe odi e d'usberghi
un fiero cozzo, ed un fragor di pugnache rinforza più sempre. De' cadenti
l'urlo si mesce coll'orribil vantode' vincitori, e il suol sangue correa.
Dall'ora che le porte apre al mattinofino al merigge, d'ambedue le parti
durò la strage con egual fortuna.
Ma quando ascese a mezzo cielo il sole,
alto spiegò l'onnipossente Iddio
l'auree bilance, e due diversi fatidi sonnifera morte entro vi pose,
il troiano e l'acheo. Le prese in mezzo,
le librò, sollevolle, e degli Achivi
il fato dechinò, che traboccandopercosse in terra, e balzò l'altro al cielo.
Tonò tremendo allor Giove dall'Ida,
e un infocato fulmine nel campoavventò degli Achei, che stupefatti
a quella vista impallidîr di tema.
Né Idomenèo né il grande Agamennóne,
né gli Aiaci, ambedue lampi di Marte,
fermi al lor posto rimaner fur osi.
Solo il Gerenio, degli Achei tutela,
Nestore vi restò, ma suo mal gradoché un destrier l'impedìa, cui di saetta
d'Elena bella l'avvenente drudonella fronte ferì laddove spunta
nel teschio de' cavalli il primo crine,
ed è letale il loco alle ferite.
Inalberossi il corridor trafitto,
ché nel cerèbro entrata era la freccia,
e dintorno alla rota per l'acutodolor si voltolando, in iscompiglio
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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