mettea gli altri cavalli. Or mentre il vecchiogli si fa sopra colla daga, e tenta
tagliarne le tirelle, ecco velocifra la calca e il ferir de' combattenti
sopraggiungere d'Ettore i destrieri,
superbi di portar sě grande auriga.
E qui perduta il veglio avrěa la vita,
se del rischio di lui non s'accorgeal'invitto Dďomede. Un grido orrendo
di pugna eccitator mise l'eroealla volta d'Ulisse: Ah dove immemore
di tua stirpe divina, dove fuggi,
astuto figlio di Laerte, e volgi,
come un codardo della turba, il tergo?
Bada che alcun le fuggitive spallenon ti giunga coll'asta. Agl'inimici
volta la fronte, ed a salvar vien mecodal furor di quel fiero il vecchio amico.
Quelle grida non ode, e ratto in salvofugge Ulisse alle navi. Allor rimasto
solo il Tiděde, si sospinse in mezzoai guerrier della fronte, avanti al cocchio
di Nestore piantossi, e lui chiamandoveloci gli drizzň queste parole:
Troppo feroce gioventů nemicati sta contra, o buon vecchio, e infermi troppo
sono i tuoi polsi: hai grave d'anni il dorso,
hai debole l'auriga e i corridori.
Monta il mio cocchio, e la virtů vedraidei cavalli di Troe, che dianzi io tolsi
d'Anchise al figlio, a maraviglia spertia fuggir ratti in campo e ad inseguire.
Lascia cotesti agli scudieri in cura,
drizziam questi ne' Teucri, e vegga Ettorre
s'anco in mia man la lancia č furibonda.
Disse: né il veglio ricusň l'invito.
Di Stčnelo e del buon Eurimedonte,
valorosi scudieri, egli al governocesse le sue puledre, e tosto il cocchio
del Tiděde salito, in man si tolsele bellissime briglie, e col flagello
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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