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      s'innesta al petto ed è letale il sito,
      coll'aspro sasso il coglie, e rotto il nervogl'intorpidisce il braccio. Dalle dita
      l'arco gli fugge, e sul ginocchio ei casca.
      Il caduto fratello in abbandonoAiace non lasciò, ma ratto accorse,
      e col proteso scudo il ricoprìa,
      finché lo si recâr sovra le spalledue suoi cari compagni, Mecistèo
      d'Echìo figliuolo, e il nobile Alastorre,
      e alle navi il portâr che gravementesospirava e gemea. Ne' Teucri allora
      di nuovo suscitò l'Olimpio Giove
      tal forza e lena, che al profondo fossodirittamente ricacciâr gli Achei.
      Iva Ettorre alla testa, e dalle trucisue pupille mettea lampi e paura.
      Qual fiero alano che ne' presti piediconfidando, un cinghial da tergo assalta,
      od un lïone, e al suo voltarsi attentoor le cluni gli addenta, ora la coscia;
      così gli Achivi insegue Ettorre, e sempreuccidendo il postremo li disperde.
      Ma poiché l'alto fosso ed il palizzoebber varcato i fuggitivi, e molti
      il troiano valor n'avea già spenti,
      giunti alle navi si fermaro, e insiememettendosi coraggio, e a tutti i numi
      sollevando le man spingea ciascunocon alta voce le preghiere al cielo.
      Signor del campo d'ogni parte intantoagitava i destrieri il grande Ettorre
      di bel crine superbi, e rotar biecole luci si vedea come il Gorgóne,
      o come Marte che nel sangue esulta.
      Impietosita degli Achei la biancaGiuno a Minerva si rivolse, e disse:
      Invitta figlia dell'Egìoco Giove,
      dunque, ohimè! non vorremo aver più nullopensier de' Greci già cadenti, almeno
      nell'estremo lor punto? Eccoli tuttil'empio lor fato a consumar vicini


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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