della terra e del mar confini estremiandar ti piaccia, nel rimoto esiglio
di Giapeto e Saturno, che nel cupoTartaro chiusi né il superno raggio
del Sole, né di vento aura ricrea;
no, se tant'oltre pure il tuo dispettovagabonda ti porti, io non ti curo,
poiché d'ogni pudor possasti il segno.
Tacque; né Giuno osò pure d'un dettofargli risposta. In grembo al mar frattanto
la splendida cadea lampa del Sole
l'atra notte traendo su la terra.
Della luce l'occaso i Teucri afflisse,
ma pregata più volte e sospiratasovraggiunse agli Achei l'ombra notturna.
Fuor del campo navale Ettore allorai Troiani ritrasse in su la riva
del rapido Scamandro, ed in pianurada' cadaveri sgombra a parlamento
chiamolli; ed essi dismontâr dai cocchi,
e affollati dintorno al gran guerrierocura di Giove, a sue parole attenti
porgean gli orecchi. Una grand'asta in pugnodi ben undici cubiti sostiene:
tutta di bronzo folgora la punta,
e d'oro un cerchio le discorre intorno.
Appoggiato su questa, così disse:
Dardani, Teucri, Collegati, udite:
io poc'anzi sperai ch'arse le navie distrutti gli Argivi a Troia avremmo
fatto ritorno. Ma sì bella spemene rapîr le tenèbre invidiose,
che inopportune sul cruento lidosalvâr le navi e i paurosi Achei.
Obbediamo alle negre ombre nemiche,
apparecchiam le cene. Ognun dal temosciolga i cavalli, e liberal sia loro
di largo cibo. Di voi parte intantoalla città si affretti, e pingui agnelle
e giovenchi n'adduca, e di Lïeo
e di Cerere il frutto almo e gradito.
Sian di secche boscaglie anco raccolteabbondanti cataste, e si cosparga,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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