finché regna la notte e l'alba arriva,
tutto di fuochi il campo e il ciel di luce,
onde dell'ombre nel silenzio i Greci
non prendano del mar su l'ampio dorsotaciturni la fuga; o i legni almeno
non salgano tranquilli, e la partenzasenza terror non sia; ma nell'imbarco
o di lancia piagato o di saettavada più d'uno alle paterne case
a curar la ferita, e rechi ai figlil'orror de' Teucri, e così loro insegni
a non tentarli con funesta guerra.
Voi cari a Giove diligenti araldi,
per la città frattanto ite, e banditeche i canuti vegliardi, e i giovinetti
a cui le guance il primo pelo infiora,
custodiscan le mura in su gli spaldidagli Dei fabbricati. Entro le case
allumino gran fuoco anco le donne,
e stazïon vi sia di sentinelle,
onde, sendo noi lungi, ostile insidianell'inerme città non s'introduca.
Quanto or dico s'adémpia, e non fia vano,
magnanimi compagni, il mio consiglio.
Dirò dimani ciò che far ne resta.
Spero ben io, se Giove e gli altri Eterni
avrem propizi, di cacciarne lungicotesti cani da funesto fato
qua su le prore addutti. Or per la nottecustodiamo noi stessi. Al primo raggio
del nuovo giorno in tutto punto armatidesteremo sul lido acre conflitto;
vedrem se Dïomede, questo fortefigliuolo di Tidèo, respingerammi
dalle navi alle mura, o s'io coll'astasaprò passargli il fianco, e via portarne
le sanguinose spoglie. Egli dimanimanifesto farà se sua prodezza
tal sia che possa di mia lancia il duroassalto sostener. Ma se fallace
non è mia speme, ei giacerà tra' primispento con molti de' compagni intorno,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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