Ciò tuttodaratti Atride, se lo sdegno acqueti.
Ché se lui sempre e i suoi presenti abborri,
abbi almeno pietà degli altri Achei
là nelle tende costernati e chiusi,
che t'avranno qual nume, ed alle stellela tua gloria alzeran. Vien dunque, e spegni
questo Ettòr che furente a te si para,
e vanta che nessun di quanti Achivi
qua navigaro, di valor l'eguaglia.
Divino senno, Laerzìade Ulisse,
rispose Achille, senza velo, e qualiil cor li detta e proveralli il fatto,
m'è d'uopo palesar dell'alma i sensi,
onde cessiate di garrirmi intorno.
Odio al par della porte atre di Pluto
colui ch'altro ha sul labbro, altro nel core:
ma ben io dirò netto il mio pensiero.
Né il grande Atride Agamennón, né alcunome degli Achivi piegherà. Qual prezzo,
qual ricompensa delle assidue pugne?
Di chi poltrisce e di chi suda in guerraqui s'uguaglia la sorte: il vile usurpa
l'onor del prode, e una medesma tombal'infingardo riceve e l'operoso.
Ed io che tanto travagliai, che a tantirischi di Marte la mia vita esposi,
che guadagni, per dio, che guiderdonesu gli altri ottenni? In vero il meschinello
augel son io, che d'esca i suoi provvedepiccioli implumi, e sé medesmo obblìa.
Quante, senza dar sonno alle palpèbre,
trascorse notti! quanti giorni avvoltoin sanguinose pugne ho combattuto
per le ree mogli di costor! Conquisiguerreggiando sul mar dodici altere
cittadi; ne conquisi undici a piededintorno ai campi d'Ilïon; da tutte
molte asportai pregiate spoglie, e tutteall'Atride le cessi, a lui che inerte
rimasto indietro, nell'avare navi
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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