Alzasi in questa mente, intorno al pettola tunica s'avvolge, ed imprigiona
ne' bei calzari il piede. Indi una fulvapelle s'indossa di leon, che larga
gli discende al calcagno, e l'asta impugna.
Né di minor sgomento a Menelao
palpita il petto; e fura agli occhi il sonnol'egro pensier de' periglianti Achivi,
che a sua cagione avean per tanto mareportato ad Ilio temeraria guerra.
Sul largo dosso gittasi veloceuna di pardo maculata pelle,
ponsi l'elmo alla fronte, e via branditoil giavellotto, a risvegliar s'affretta
l'onorato, qual nume, e dagli Argivi
tutti obbedito imperador germano;
ed alla poppa della nave il trovache le bell'armi in fretta si vestěa.
Grato ei n'ebbe l'arrivo: e Menelao
a lui primiero, Perché t'armi, disse,
venerando fratello? Alcun vuoi forsemandar de' nostri esplorator notturno
al campo de' Troiani? Assai tem'ioche alcuno imprenda d'arrischiarsi solo
per lo buio a spďar l'oste nemica,
ché molta vuolsi audacia a tanta impresa.
Rispose Agamennón: Fratello, č d'uopodi prudenza ad entrambi e di consiglio
che gli Argivi ne scampi e queste navi,
or che di Giove si voltň la mente,
e d'Ettore ha preferti i sacrifici:
ch'io né vidi giammai né d'altri intesi,
che un solo in un sol dě tanti potesseforti fatti operar quanti il valore
di questo Ettorre a nostro danno; e a luinon fu madre una Dea, né padre un Dio:
e temo io ben che lungamente afflittidi tanto strazio piangeran gli Achivi.
Or tu vanne, e d'Aiace e Idomenčo
ratto vola alle navi, e li risveglia,
ché a Nestore io ne vado ad esortarlodi tosto alzarsi e di seguirmi al sacro
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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