Via, fa cor, rispondea lo scaltro Ulisse,
né veruno di morte abbi sospetto,
ma dinne, e sii verace: Ed a qual finedal campo te ne vai verso le navi
tutto solingo pel notturno buiomentre ogni altro mortal nel sonno ha posa?
A spogliar forse estinti corpi? o forseEttor ti manda ad ispïar de' Greci
i navili, i pensieri, i portamenti?
O tuo genio ti mena e tuo diletto?
E a lui tremante di terror Dolone:
Misero! mi travolse Ettore il senno,
e in gran disastro mi cacciò, giurandoche in don m'avrebbe del famoso Achille
dato il cocchio e i destrieri a questo patto,
ch'io di notte traessi all'inimicoad esplorar se, come pria, guardate
sien le navi, o se voi dal nostro ferrodomi teniate del fuggir consiglio,
schivi di veglie, e di fatica oppressi.
Sorrise Ulisse, e replicò: Gran donocerto ambiva il tuo cor, del grande Achille
i destrier. Ma domarli e cavalcarliuom mortale non può, tranne il Pelìde
cui fu madre una Dea. Ma questo ancoracontami, e non mentire: Ove lasciasti,
qua venendoti, Ettorre? ove si stannoi suoi guerrieri arnesi? ove i cavalli?
quai son de' Teucri le vigilie e i sonni?
quai le consulte? Bloccheran le navi?
O in Ilio torneran, vinto il nemico?
Gli rispose Dolon: Nulla del veroti tacerò. Co' suoi più saggi Ettorre
in parte da rumor scevra e sicurasiede a consiglio al monumento d'Ilo.
Ma le guardie, o signor, di che mi chiedi,
nulla del campo alla custodia è fissa.
Ché quanti in Ilio han focolar, costrettison cotesti alla veglia, e a far la scolta
s'esortano a vicenda: ma nel sonnotutti giacccion sommersi i collegati,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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