il quartiero mirando, e palpitantinella morte i compagni, e lordo tutto
di sangue il loco, urlò di doglia, e fortechiamò per nome il suo diletto amico;
e un trambusto levossi e un alto gridodegli accorrenti Troi, che l'arduo fatto
dei due fuggenti contemplâr stupiti.
Giungean questi frattanto ove d'Ettorre
avean l'incauto esploratore ucciso.
Qui ferma Ulisse de' corsieri il volo:
balza il Tidìde a terra, e nelle manidell'itaco guerrier le sanguinose
spoglie deposte, rapido rimontae flagella i corsier che verso il mare
divorano la via volonterosi.
Primo udinne il romor Nestore, e disse:
O amici, o degli Achei principi e duci,
non so se falso il cor mi parli o vero;
pur dirò: mi ferisce un calpestìodi correnti cavalli. Oh fosse Ulisse!
Oh fosse Dïomede, che velocigli adducessero a noi tolti a' Troiani!
Ma mi turba timor che a questi prodinon avvegna fra' Teucri un qualche danno.
Finite non avea queste parole,
che i campioni arrivâr. Balzaro a terra;
e con voci di plauso e con allegrotoccar di mani gli accogliean gli amici.
Nestore il primo interrogolli: O sommodegli Achivi splendore, inclito Ulisse,
che destrieri son questi? ove rapiti?
nel campo forse de' Troiani? o diellifattosi a voi d'incontro un qualche iddio?
Sono ai raggi del Sol pari in candoremirabilmente; ed io che sempre in mezzo
a' Troiani m'avvolgo, e, benché veglioguerrier, restarmi neghittoso abborro,
io né questi né pari altri corsieriunqua vidi né seppi. Onde per via
qualcun mi penso degli Dei v'apparve,
e ven fe' dono; perocché voi cari
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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