voltando faccia sgominaro i Teucri,
sì che fuggenti dall'ettòreo ferropreser conforto e respirâr gli Achivi.
Combattean fra le turbe alti sul carrofortissimi campioni i due figliuoli
di Merope Percòsio. Il genitore,
celebrato indovino, avea dell'armiil funesto mestier loro interdetto.
Non l'obbediro i figli, e la possanzaseguîr del fato che traeali a morte.
Coll'asta in guerra sì famosa entrambigl'investì Dïomede, e colla vita
dell'armi li spogliò, mentre per manocadean d'Ulisse Ippòdamo e Ipiròco.
Contemplava dall'Ida i combattentidi Saturno il gran figlio, e nel suo senno
equilibrava tuttavia la pugna,
e l'orror della strage. Infurïavapedon tra' primi battaglianti il figlio
di Peone Agastròfo, e non aveal'incauto eroe dappresso i suoi corsieri,
onde all'uopo salvarsi; ché in dispartelo scudier li tenea. Mirollo, e ratto
l'assalse Dïomede, e all'anguinaglialo ferì di tal colpo che l'uccise.
Cader lo vide Ettorre, e tra le filesi spinse alto gridando, e lo seguièno
le troiane falangi. Al suo venireturbossi il forte Dïomede, e vòlto
ad Ulisse, dicea: Ci piomba addossodel furibondo Ettorre la ruina.
Stiam saldi, amico, e sosteniam lo scontro.
Disse, e drizzando alla nemica testala mira, fulminò l'asta vibrata,
e colse al sommo del cimier; ma il ferrofu respinto dal ferro, e non offese
la bella fronte dell'eroe, ché il lungotriplice elmetto l'impedì, fatato
dono d'Apollo. Sbalordì del colpoEttore, e lungi riparò tra' suoi.
Qui cadde su i ginocchi, puntellandocontro il suol la gran palma, e tenebroso
su le pupille gli si stese un velo.
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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