tra noi surse e gli Elči fiera contesa!
Io predai con ardita rappresagliadel nemico le mandre, e l'elďese
Ipirochěde Itimončo distesi.
Combattea de' suoi tauri alla difesal'uom forte, e un dardo di mia mano uscito
lui tra' primi percosse, e al suo caderel'agreste torma si disperse in fuga.
Noi molta preda n'adducemmo e ricca:
di buoi cinquanta armenti, ed altrettantedi porcelli, d'agnelle e di caprette,
distinte mandre, e cento oltre cinquantafulve cavalle, tutte madri, e molte
col poledro alla poppa. Ecco la predache noi di notte ne menammo in Pilo.
Gioě Nelčo vedendo il giovinettofiglio guerrier di tante spoglie opimo.
Venuto il giorno, la sonora vocede' banditor chiamň tutti cui fosse
qualche compenso dagli Elči dovuto.
Di Pilo i capi congregârsi, e grandesendo il dovere degli Elči, fu tutta
scompartita la preda, e rintegratel'antiche offese. Perciocché la forza
d'Ercole avendo desolata un giornola nostra terra, e i piů prestanti uccisi,
e di dodici figli di Nelčo
prodi guerrier rimasto io solo in Pilo
con altri pochi oppressi, i baldanzosiElči di nostre disventure alteri
n'insultâr, ne fęr danno. Or dunque in serbotenne il vecchio per sé di tauri intero
un armento trascelto, e un'ampia greggiadi ben trecento pecorelle, insieme
co' mandriani; giusta ricompensadi quattro egregi corridor, mandati
in un col carro a conquistargli un tripodenell'olimpica polve, e dall'elčo
rege rapiti, rimandando spogliode' bei corsieri il doloroso auriga.
Di questi oltraggi il vecchio padre iratolarga preda si tolse, e al popol diede,
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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