né scansar nullo le potendo, andiamo:
noi darem gloria ad altri, od altri a noi.
Disse, né Glauco si ritrasse indietro,
né ritroso il seguì. Con molta manodunque di Licii s'avviâr. Li vide
rovinosi e diritti alla sua torreaffilarsi il Petìde Menestèo,
e sgomentossi. Girò gli occhi intornofra gli Achivi spïando un qualche duce
che lui soccorra e i suoi compagni insieme.
Scorge gli Aiaci che indefessi e fermisostenean la battaglia, e avean dappresso
Teucro pur dianzi della tenda uscito.
Ma non potea far loro a verun modole sue grida sentir, tanto è il fragore
di che l'aria rimbomba alle percossedegli scudi, degli elmi e delle porte
tutte a un tempo assalite, onde spezzarlee spalancarle. Immantinente ei dunque
manda ad Aiace il banditor Toota,
e, Va, gli dice, illustre araldo, vola,
chiama gli Aiaci, chiamali ambedue,
ché questo è il meglio in sì grand'uopo. Un'altastrage qui veggo già imminente. I duci
del licio stuol con tutta la lor possaqua piombano, e mostrâr già in altro incontro
ch'elli son nelle zuffe impetuosi.
S'ambo gli eroi ch'io chiedo, in gran travagliosi trovano di guerra, almen ne vegna
il forte Aiace Telamònio, e il seguaTeucro coll'arco di ferir maestro.
Corse l'araldo obbediente, e rattoper la lunga muraglia traversando
le file degli Achei, giunse agli Aiaci,
e con preste parole, Aiaci, ei disse,
incliti duci degli Argivi, il caronobile figlio di Petèo vi prega
d'accorrere veloci, ed aitarloalcun poco nel rischio in che si trova.
Prègavi entrambi per lo meglio. Un'altastrage gli è sopra: perocché di tutta
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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