contro l'assito che compatto e grossodelle porte munìa la doppia imposta,
da due forti sbarrata internamentespranghe traverse, ed uno era il serrame.
Fattosi appresso, ed allargate e fermesaldamente le gambe, onde con forza
il colpo liberar, percosse il mezzo.
Al fulmine del sasso sgangherârsii cardini dirotti; orrendamente
muggîr le porte, si spezzâr le sbarre,
si sfracellò l'assito, e d'ogni partele schegge ne volâr; tale fu il pondo
e l'impeto del sasso che di dentrocadde e posò. Pel varco aperto Ettorre
si spinse innanzi simigliante a scuraruinosa procella. Folgorava
tutto nell'armi di terribil luce;
scotea due lance nelle man; gli sguardimettean lampi e faville, e non l'avrìa,
quando ei fiero saltò dentro le porte,
rattenuto verun che Dio non fosse.
Alle sue schiere allor si volse, e a tuttecomandò di varcar l'achea trinciera.
Obbediro i Troiani; immantinentealtri il muro salîr, altri innondaro
le spalancate porte. Al mar gli Achivi
fuggono, e immenso ne seguìa tumulto.
LIBRO DECIMOTERZO
Poiché Giove appressati ebbe alle navicon Ettore i Troiani, ivi in travaglio
incessante lasciolli: e volti indietroi fulgid'occhi a riguardar si pose
del Trace di cavalli agitatorela contrada e de' Misii a stretta pugna
valorosi guerrieri e de' famosiIppomolghi, giustissimi mortali
che di latte nudriti a lunga etadeproducono i lor dì: né più di Troia
dava un guardo alle mura, in sé pensandoche nessun Dio discendere de' Teucri
o de' Greci in aita oso sarebbe.
Né invan si stava alla vedetta intantoil re Nettunno che su l'alte assiso
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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