ferro il contorno e doppia avea la guiggia.
Riparato da questo egli la puntaschivò dell'asta ostil che sorvolando
veloce delibò nel suo trascorsolo scudo, e secco risonar lo fece.
Né indarno uscì dalla man forte il telo,
ma l'Ippaside Ipsènore percossesotto i precordi, e l'atterrò. Gran vanto
si diè sul morto l'uccisor, gridando:
Asio non giace inulto, e alle tremendeporte scendendo di Pluton mi spero
fia del compagno, ch'io gli do, contento.
Contristò degli Achei quel vanto i petti,
d'Antìloco su gli altri il bellicosocor ne fu tocco; né lasciò per questo
in abbandon l'amico, anzi accorrendolo coprì dello scudo, e lo protesse
sì che Alastorre e Mecistèo, due caridall'estinto compagni, in su le spalle
recarselo potero ed alle navitrasportarlo, mettendo alti lamenti.
Non rallentava Idomenèo frattantoil magnanimo core, e vie più sempre
l'infiammava la brama o di coprirequalche Troiano dell'eterna notte,
o far di sua caduta egli medesmorisonante il terren, sol che de' Greci
allontani l'eccidio. Era fra' Teucri
un caro figlio d'Esïèta, il prodeAlcatòo, già consorte alla maggiore
delle figlie d'Anchise Ippodamìa,
che al genitor carissima e alla madreonoranda matrona, ogni compagna
vincea di volto e di prudenza, espertain tutte l'arti di Minerva; ond'ella
d'un de' più chiari fra gli eroi fu sposadi quanti Ilio n'avea nel suo gran seno.
Ma sotto la cretense asta domolloNettunno; e prima gli annebbiò le luci,
poi per le belle membra gli diffusetale un torpor, che né fuggirsi addietro
né scansarsi potea, ma immoto e ritto
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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