in solitario loco alla montagnade' cacciator la turba: alto sul dosso
arriccia il pelo, e una terribil lucelampeggiando dagli occhi i denti arruota,
di sbaragliar le torme impazďentedegli uomini e de' cani: in tal sembianza
fermo si stava Idomenčo, l'assaltoaspettando d'Enea. Pur volto a' suoi,
Ascŕlafo chiamonne ed Afarčo
e Dëipěro e Merďone e Antěloco
mastri di guerra, e gl'incitň con questeratte parole: Amici, a darmi assalto
corre il figlio d'Anchise: egli č di stragioperator gagliardo, e ciň che forma
il maggior nerbo, ha pur degli anni il fiore.
Io son qui solo, né del par la frescagioventů mi sorride. Ove ciň fosse,
con questo cor qui tosto glorďosoo lui mia morte, o me la sua farebbe.
Disse, e tutti gli fur concordi al fiancocon gl'inclinati scudi. Enea dall'altra
parte eccitando i suoi compagni appellaDëěfobo a soccorso e Pari e il divo
Agčnore, che tutti eran con essocondottieri de' Teucri, e li seguěa
molta man di guerrieri, a simiglianzadi pecorelle che dal prato al fonte
van su la traccia del lanoso duce,
e ne gode il pastor; tale d'Enea
pel seguace squadron l'alma gioisce.
Colle lungh'aste intorno ad Alcatňo
s'azzuffâr questi e quelli. Intorno ai pettiorribilmente risonava il ferro
de' combattenti, e due guerrier famosid'Anchise il figlio e il regnator di Creta
pari a Marte ambedue con dispietatoferro a vicenda di ferirsi han brama.
Trasse primiero Enea, ma visto il colpo,
l'avversario schivollo, e tremolanteal suol s'infisse la dardania punta
invan fuggita dalla man robusta.
Idomenčo percosse a mezzo il ventre
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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