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      lo scudo ostil, ma non passollo il telodalla targa respinto e nell'estrema
      parte spezzato; nondimen gioinnecolui nel core, e vincitor si tenne.
      Tratto il fulgido brando, allor l'Atride
      avventossi al nemico, e questi all'ombradello scudo impugnò ferrata e bella
      una bipenne, nel polito e lungomanico inserta di silvestre olivo.
      Mossero entrambi ad un medesmo tempo.
      Al cono dell'elmetto irto d'equinechiome sotto il cimier Pisandro indarno
      la scure dechinò; l'altro lui colsenella fronte, e del naso alla radice.
      Crepitò l'osso infranto, e sanguinosigli cascâr gli occhi nella polve al piede.
      Incurvossi cadendo, e Menelao
      d'un piè calcato dell'ucciso il petto,
      l'armi n'invola, e glorïoso esclama:
      Ecco la via per cui de' bellicosiDànai le navi lascerete alfine,
      perfidi Teucri ognor di sangue ingordi.
      Vi fu poco l'aver, malvagi cani,
      con altra fellonia, con altre offesevïolati i miei lari, e del tonante
      Giove ospital sprezzata la tremendaira che un giorno svellerà dal fondo
      l'alta vostra città; poco il rapirmiuna giovine sposa e assai ricchezza
      da nulla ingiuria offesi, anzi a corteseospizio accolti e accarezzati. Or anco
      desìo vi strugge di gittar nel mezzodelle navi le fiamme, e degli achivi
      eroi far scempio. Ma verrà chi pongavostro malgrado a furor tanto il freno.
      Giove padre, per certo uomini e Deidi saggezza tu vinci, e nondimeno
      da te vien tutto sì nefando eccesso,
      da te de' Teucri difensor, di questasempre d'oltraggi e d'ingiustizie amica
      razza iniqua che mai delle rie zuffedi Marte non si sbrama. Il cor di tutte


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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