infino alla canuta agli ardui fattidella guerra incitò, finché ciascuno
vi perisca onorato. E così dunquepuoi tu de' Teucri abbandonar l'altera
città che tanti già ne costa affanni?
Per dio! nol dire, dagli Achei non s'odaquesto sermone, della bocca indegno
d'uom di senno e scettrato, e, qual tu sei,
di tante schiere capitano. Io primoil tuo parer condanno. Arde la pugna,
e tu comandi che nel mar lanciatesien le navi? Ciò fôra un far più certo
de' Troiani il vantaggio, e più sicuroil nostro eccidio: perocché gli Achivi
in quell'opra assaliti, anzi che fermisostener l'inimico, al mar terranno
rivolto il viso, a' Teucri il tergo: e alloravedrai funesto, o duce, il tuo consiglio.
Rispose Agamennón: La tua pungenterampogna, Ulisse, mi ferì nel core.
Ma mia mente non è che lor malgradotraggan le navi in mar gli Achivi; e s'ora
altri sa darne più pensato avviso,
sia giovine, sia veglio, io l'avrò caro.
Chi darallo n'è presso (il bellicosoTidìde ripigliò), né fia mestieri
cercarlo a lungo, se ascoltar vorrete,
né, perché d'anni inferïor vi sono,
con disdegno spregiarmi. Anch'io mi vantofiglio d'illustre genitor, del prode
Tidèo, di Cadmo nel terren sepolto.
Portèo tre figli generò dell'altaCalidone abitanti e di Pleurone,
Agrio, Mela ed Enèo, tutti d'egregiovalor, ma tutti li vincea di molto
il cavaliero Enèo padre al mio padre.
Ivi egli visse; ma da' numi astrettoa gir vagando il padre mio, sua stanza
pose in Argo, e d'Adrasto a moglie tolseuna figlia; e signor di ricchi alberghi
e di campi frugiferi per molte
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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483 |
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